I merli e i giorni della merla
E’
inconfondibile quando solleva la coda e abbassa le ali appena si posa
al suolo, o
quando in primavera va alla ricerca di insetti o lombrichi correndo
e saltellando
rapidamente. Inconfondibile è anche il suo canto, che passa da uno stridente
chiacchierio simile ad un “dik-dik-dik”, emesso alzandosi in
volo, a flautati
gorgheggi emessi dall’alto dei rami degli alberi. Avendo ormai
perso la naturale e
astuta diffidenza, nei giardini e nei parchi urbani la sua figura
impettita fa mostra di
sé, avvicinandosi a incuriositi osservatori. Dall’occhio
guardingo cerchiato di
giallo vivo nel maschio e dal piumaggio lucido, folto, ma
soprattutto scuro, è il
più diffuso pennuto della nostra penisola dopo il passero.
E’ il
merlo (Turdus merula), che regala un’armoniosa compagnia nei
ritagli verdi delle nostre
città. Classificato come passeriforme, appartenente alla famiglia Turdidae,
presenta una evidente differenza tra i sessi (dimorfismo sessuale),
infatti il maschio è
nero e la femmina è bruna come i giovani. Questo uccello dalle
zampe scure,
raggiunge le dimensioni di 25 cm da adulto. La forma del becco, scuro
nella femmina e
giallo nel maschio, indica un regime alimentare di tipo onnivoro: appuntito
per consentire la raccolta di semi e sufficientemente lungo da
permettere la presa di
piccoli animali.
Sebbene il
colore scuro del piumaggio rappresenti la caratteristica forse più evidente,
esistono esemplari molto lontani da questa raffigurazione; si tratta
degli individui
affetti da aberrazioni cromatiche come i rari albini, in cui il
becco, l'iride e le zampe
color rosa completano il bianco piumaggio, o i più frequenti albini parziali,
caratterizzati da macchie bianche sul piumaggio normalmente
colorato.
Questi
esemplari dalla pigmentazione anomala risalgono ad epoche remote; da Aristotele
in poi infatti, sono numerosi i naturalisti che ne hanno documentato l’esistenza.
Anche se raro come fenotipo, tanto da meritare il famoso detto
francese “c’est
un merle blanc”, che equivale al nostro “è una mosca bianca”,
esiste una celebre
leggenda secondo cui questo uccello nacque bianco per poi divenire
nero.
Si narra,
infatti, dell’esistenza di un’epoca in cui il mese di gennaio
aveva ventotto giorni e i
merli erano bianchi. Un giorno una mamma merla, che abitava una grande
quercia insieme alla sua famigliola, si mise a sbeffeggiare gennaio
che giungeva al
termine dicendogli che era felice finisse, così che non li avrebbe
più torturati
con il freddo. A quel punto gennaio, per ripicca, rubò tre giorni a
febbraio lasciandogliene
ventotto, e tramutò i suoi ultimi giorni in un insopportabile
inverno ghiacciato.
Mamma merla e la sua famiglia, colpiti dal gelo, trovarono riparo al caldo del
fumo che fuoriusciva da un camino e che colorò di nero le loro
penne. Da allora, si
dice, i merli sono neri come la pece e gli ultimi giorni di gennaio
sono noti come “i
giorni della merla”.
Nella
realtà, il merlo deve la sua colorazione ad alcune sostanze che si
depositano
nella
struttura delle penne durante l’accrescimento, le melanine,
responsabile della colorazione
nera, grigia, bruna, fulva e giallo-scura. Altre sostanze, note come carotenoidi,
sono responsabili della colorazione gialla, arancione, rossa e,
raramente,
blu-violacea. Il blu o l’azzurro, invece, non dipendono dai
pigmenti ma dai fenomeni
di riflessione della luce, mentre le sfumature, hanno origine dal
modo in cui le
sostanze che determinano i colori sono distribuite sulle penne. A
causa di mutazioni
genetiche, le sostanze coloranti possono essere sintetizzate in
eccesso (melanismo,
eritrismo) o in difetto (isabellismo, leucismo, albinismo) e determinare
un’anomalia nel piumaggio. Non di rado alcuni animali portatori di queste
mutazioni presentano svariati deficit che ne pregiudicano la normale sopravvivenza.
Questo dato emerge dalle esperienze di alcuni centri di recupero dell’avifauna,
da cui risulta che individui albini o parzialmente albini siano più deboli dei
conspecifici dal piumaggio normale. Inoltre, negli ambienti naturali
la pigmentazione
anomala è selezionata negativamente, a causa della difficoltà di mimetizzazione
che ne derivano e per la sensibilità alla luce del sole. Nelle
città invece, data
la scarsità di predatori e la maggior presenza di anfratti, è
maggiore la possibilità
di permanenza in vita. Ecco perché negli ambienti urbani gli
uccelli affetti da
aberrazioni cromatiche riescono a trovare habitat idonei dove abitare
e
nidificare,
sfruttando i vantaggi che luoghi così lontani e diversi da quelli
naturali
possono
offrire.
In via V.
Olcese a Roma, abita un merlo parzialmente albino, individuabile per
le numerose
macchie bianche asimmetriche sul manto nero lucente. A volte, affacciandosi
dalle finestre della biblioteca G. Rodari, lo si può scorgere che saltella sul
prato nella stagione calda o curiosa tra i rami in inverno; insieme
ai merli dal
piumaggio uniforme e altri uccelli come cornacchie, storni e piccoli passeriformi
sfrutta le agevolazioni della città rendendo il giardino ricco di
suoni e colori.
Da www.ecologiadellanutrizione.it
rubrica di educazione ambientale
Bibliografia
e webgrafia Volario, A. Cattabiani
Ornitologia
urbana, M. Dinetti, M. Frassinetti
Guida degli
uccelli d’Europa, R. Peterson, G.
Mountfort,
P.A.D. Hollom
http://www.ebnitalia.it/QB/QB003/aberrazioni.htm
http://testudoalbino.com/pagine/infoalbinismo.php
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